
E ancora mi ritrovo a considerare una sorta di sottile linea temporale, strano nel 1991 realizzavo una mostra evento dove su più computer Amiga scorrevano le immagini create dal mio programma Automat91 e proprio in quegli anni si sviluppava l’arte digitale!
Io avevo
cominciato diversi anni prima per curiosità con un computer QL della Sinclair,
avevo cominciato ad imparare la programmazione in Logo, poi ero passato al Q-Basic, poi ancora all’Amiga-Basic, poi avevo
continuato cercare altri linguaggi: “C”, Java, Visual Basic, approdando infine
oggi al C#, con il quale adesso programmo.
Il QL disponeva di 8 colori, ma con l’uso di retinature si potevano ottenere ancora altri colori, la risoluzione era bassa ed i pixel ben visibili, in compenso l’uso del LOGO, già implementato permetteva già interessanti esperienze grafiche.
Tutto era registrato su mini cassette magnetiche dedicate, per questo oggi del tutto illeggibili.
Il continuo ricambio delle tecnologie nelle memorie di massa ha spesso determinato la perdita dei dati e questo è un rischio se non si vuole considerare effimero e momentaneo il prodotto digitale, ma mi chiedo, la memoria dell’evento non è forse meglio dell’evento stesso?
Una volta avevo dipinto tutta una strada, lunga più di dieci metri, l’indomani le automobili distruggevano tutto, ma l’evento no, quello era rimasto nella memoria, nei video, nelle foto analogiche e digitali, ora riversate in rete.
Oggi l’arte digitale è un fenomeno complesso e si è arricchita di tante variazioni seguendo ed adattandosi alla fantasia ed agli interessi degli artisti e dei ricercatori non analogici.
Gli anni
novanta sono quelli in cui si sviluppano le principali esperienze, solo che
esse s’ibridano spesso tra loro, rendendo non facile qualsivoglia tassonomia
secondo gli schemi originari.
I vari settori tradizionali, dell’arte e della conoscenza tecnica, scientifica, sociale, umanistica e musicale, si contaminano all'interno delle esperienze creative digitali.
L’autore stesso ha perso la sua unicità, e sempre più facilmente si passa ad un lavoro di gruppo, per di più eterogeneo per formazione di base.
Nel 1992 a Milano, dove dirigevo il Primo Liceo Artistico, ora Liceo Artistico di Brera, ho avuto la fortuna di conoscere Paolo Rosa e tutti i membri e amici di Studio Azzurro, e con loro presso gli studi di Metamorfosi, altri gruppi come Giovanotti Mondani Meccanici e vari altri intellettuali e critici.
Era un momento in cui molte cose si andavano definendo e concretizzando, in cui si chiarivano le idee di ognuno, una serie di lunghe serate a tema, accuratamente riprese e documentate in video di grande interesse.
Io continuo il mio lavoro di ricerca e di programmazione, potrei collocarmi nella “Generative Art o Algorithmic Art” se dovessi tenere conto del campo in cui in atto lavoro, in effetti, seguo varie piste o cammini e proprio per la mia solitudine tutta Palermitana, lo faccio senza compagnie, con pochi scambi d’idee.
All'Istituto d’Arte di Palermo ho avuto modo di fare altre esperienze, talvolta dirette, ma in genere indirette, ovvero seguendo e promuovendo le attività per dovere di servizio.
Questa volta anche per vincoli istituzionali, ma spesso presente in prima persona insieme ai miei docenti nelle attività.
Il lavoro era basato su gruppi eterogenei per formazione, architetti, animatori, ingegneri, orafi, scultori ecc. esperienze portate avanti nel corso di una decina d’anni, nel campo della Prototipazione Solida, del CAD-CAM, dell’Ingegneria Inversa, dell’Animazione Tridimensionale e bidimensionale, della Scultura Digitale e della Realtà Aumentata.
Ai lavori partecipavano allievi di Liceo, alunni della scuola media e alunni delle elementari.
Tutto questo ha allargato le mie curiosità verso altri settori delle nuove tecnologie.
Palermo seppure pigra, talvolta si mostra innovativa, ricordo una mostra sugli Ologrammi con le apparecchiature in funzione, che mostrava una tecnologia ancora poco nota e diffusa.
A Catania Andrea Sciavarrello seguiva interessi simili
(1983)https://ilpaladino.eu/2017/02/10/andrea-sciavarrello-computer-art/
Ho fatto in questi anni anche diverse esperienze di Digital Art, producendo alcune opere con l’uso di un programma di foto-ritocco e ho continuato a mantenere più di un piede nella scarpa analogica, infatti, dipingo e disegno ancora.
Non credo che oggi il fare arte debba avere regole, metodi, materiali o necessariamente legarsi a movimenti.
In età
avanzata, sempre di più, ritengo che un artista debba vivere pienamente il suo
tempo, carpire un attimo prima brandelli di futuro, creare con cura il suo
prodotto usando tutto ciò che serve senza alcun pregiudizio di sorta.
...Ripercorro gli anni che vanno dal 1984
ad oggi indagando tra le mie letture, le mie esperienze con le tecnologie ed il
mio vissuto artistico, per ricordare e capire cosa mi ha spinto come tanti
altri un po’ dovunque a mettermi davanti ad un computer e mutare me stesso, il
mio modo di fare, di essere.
I primi microelaboratori a basso costo, che sono arrivati nelle case italiane, e non solo, sono stati: il Sinclair ZX81, diffuso in Gran Bretagna, l'Atari 600 XL, il Sinclair Spectrum, il TI-99/4a diffusissimo negli USA, il C16 della Commodore, il VIC 20, la memoria di questi computer oscillava tra i 1K dello ZX81 fino ad un massimo di 64K.
I microelaboratori di costo più elevato
erano: l'Apple II e l'Apple Macintosh, il Commodor 64, il Sinclair QL, l'Amiga
1000 e l'Atari, oltre ovviamente alle macchine Olivetti, Ibm dello stesso
periodo.
La memoria di questi computer oscillava
tra i 64 Kilobyte, fino ad un massimo di 512 Kilobyte con l'uso d'espansione
per l'Apple Macintosh o 640 Kilobyte [2] con
l'uso d'espansione per il Sinclair QL.
Un discorso a parte va fatto per l'Amiga
poiché si trattava di un'architettura dedicata alla grafica ed al suono, (dove,
in effetti, diede migliori risultati l'Atari) l'Amiga era dotata di più
processori, di un'ampia memoria 1 Megabyte espandibile, calcolo veloce inviava
dati a 32 bit internamente al 68000 e a 16 bit verso il resto del sistema. [3]
L'Amiga oltretutto operava in
multitasking. [4]
"…Gran parte del lavoro svolto
dall'Amiga è principalmente opera di quattro chip presenti sulla scheda madre:
il microprocessore e i tre coprocessori.
Il microprocessore è il chip centrale e
svolge la maggior parte delle funzioni di "cervello" dell'Amiga, come
aggiungere, dividere e inviare comandi ed informazioni agli altri chip.
I coprocessori caratteristica esclusiva
dell'Amiga e fonte principale delle sue potenti capacità operative, servono da
sostegno al microprocessore, occupandosi di funzioni secondarie quali la
visualizzazione di immagini e la generazione di suoni. Il microprocessore
allegerito di questi compiti, è libero di lavorare in piena efficienza.
I tre coprocessori sono chiamati Agnus,
Denise e Paula. [5]
Il microprocessore ha il nome più
altisonante di Motorola 68000 …"
"L'Amiga"Immagini Suoni e
Animazioni sul Commodore Amiga, di Michael Boom, Gruppo Editoriale IHT,
1988
Tutti questi computer, non erano molto
potenti, paragonati agli attuali, la cui memoria oscilla tra i 64 Megabyte e i
512 Megabyte [6] ,
ma a quel tempo, permettevano un approccio artistico alla scienza ed alla
tecnologia, che consentiva alla fantasia di spaziare verso nuovi sogni.
Oggi l'interattività e le interfacce
grafiche consentono un approccio diretto, senza la necessità di comprendere,
cosa si nasconde dietro tanta facilità d'uso.
La macchina allora non era così
amichevole e questo permetteva di approfondire la sua essenza più nascosta, il
sistema operativo, l'assembler, il linguaggio macchina,.
Non ci si accontentava di usare i
programmi grafici già pronti, si ricercavano invece linguaggi d'arte,
sporcandosi le mani con i bit.
I colori sul mio QL erano pochi. Se ne
potevano ottenere appena quattro in modalità alta risoluzione (512 pixel per
linea schermo) ed otto in bassa (256 pixel per linea schermo), per ottenere
altri colori (detti compositi), [7] si
studiavano vari espedienti anche se ci si doveva accontentare di visibili
retinature o puntinati.
Il passaggio all'Amiga fu per molti di
noi toccare il cielo con le dita, vi erano ben quattro
modalità: [8]
- Bassa non interallacciata 320x200 (256) pixel full-screen
- Alta non interallacciata 640x200 (256) pixel full-screen
- Bassa interallacciata 320x400 (512) pixel full-screen
- Alta interallacciata 640x400 (512) pixel full-screen
Lo schermo possedeva una sua profondità
intesa in bit-plane (piani di bit):
- Un bit plane due colori
- Due bit plane quattro colori
- Tre bit plane otto colori
- Quattro bit plane sedici colori
- Cinque bit plane trentadue colori
Inoltre l'amiga consentiva altre due
modalità:
- Half-brigth, che sfruttava i mezzi toni raddoppiando i colori da 32 a
64
- Ham (Hold and Modify) che permetteva 4096 colori contemporanei
La mia macchina odierna, usata come
termine di paragone, un PC assemblato come tanti altri, possiede cinque diverse
risoluzioni:
640x480/800x600/1024x768/1152x864/1280x1024;
Ognuna di esse può avere almeno 256
colori ovvero 65536 a 16 bit, 16,8 milioni di colori a 24 bit e 16,8 milioni di
colori a 32 bit.
Certo in America vi erano già di
stazioni grafiche costose d'elevata potenza, dotate di software di costo non
meno elevato. Eppure, sebbene mi tenessi informato ed aggiornato sia sulle
tecnologie sia sul software, trovavo interessante giocare con i limiti del mio
sistema, una sorta di Computer Art Minimale.
Giocare con pixel grossolani non era per
me difetto ma qualità.
La mia ricerca non era emulativa, non
era necessaria una resa fotografica, io cercavo colori e giocavo a rimpiattino
con la casualità, lasciavo la materia del colore reale per il guizzo di luce
colorata, per narrare di forme ormai del tutto virtuali ed espresse
numericamente.
"…il computer è solo apparentemente una macchina
facile. Quando in un programma user friendly si sceglie una funzione semplice
per il disegno, che addirittura si può selezionare direttamente col mouse senza
usare la tastiera, in realtà non si capisce quale sia l'attività del computer.
Questa trasparente facilità d'uso dietro ha un nero; bisogna sfondare questo
nero e supportare culturalmente le funzioni di elaborazione grafica che altrimenti
restringono il loro campo di possibilità e allontanano l'artista dall'impiego
della fantasia in questi contesti…"
(prof. Pier Giorgio Dragone)
Articolo "Progetto Infolab"di
Enrico Miglino da "Computer Grafica ", 1989, Gruppo Editoriale
Jackson, anno 3, n°3
Oggi le macchine hanno acquistato
potenza di calcolo e di memoria, si sono arricchite della multimedialità, si è
diffuso anche presso di noi, l'uso delle reti, i costi si sono abbattuti sia
per l'hardware sia per il software.
Nuovi processori hanno sostituito i
vecchi, penso allo Zilog80 e al Motorola 68000, seguiti ora dalla famiglia dei
Pentium, degli Amd, dei Power per l'Apple.
Sono sorti nuovi linguaggi, che
sfruttano la programmazione per oggetti e lo stesso vecchio Basic da me usato
in passato, ora si presenta come Visual Basic icludendo le potenzialità di un
linguaggio ad oggetti.
I sistemi operativi, proprio in virtù
della programmazione ad oggetti ed alla conseguente possibilità di lavorare per
moduli, facilmente interfacciabili, hanno consentito la facilità di gestione di
realtà sicuramente più complesse, attraverso gadgets, icone e finestre
d'immediato uso e comprensione.
In sostanza il programma, attraverso la
gestione di una serie d'eventi, rileva la volontà dell'utente e fa sì
che sia attivato il processo richiesto.
Evento a
titolo d'esempio, è lo spostamento del mouse.
Rilevazione dell'evento è la lettura delle coordinate iniziali e finali
dello stesso
Azione può
essere lo spostamento del cursore sul monitor.
Considerata l'infinità d'eventi
possibili e l'elevata velocità computazionale degli odierni calcolatori, si
viene ad instaurare una continua e semplificata comunicazione tra utente e
macchina.
È possibile avere eventi reali, come
quelli relativi alle periferiche ed eventi virtuali, quali azioni su elementi
dell'interfaccia grafica del sistema operativo, che possono essere tasti,
bottoni, icone ed altre invenzioni grafiche, che però consentano di rilevare
l'evento che le attiva.
In altri termini ci si va a correlare
con una "Realtà Virtuale".
S'interagisce con un ambiente
artificiale, spesso simbolico, producendo azioni virtuali, oppure producendo
azioni di stimolazione sensoriale del tutto reali, quali: suoni, immagini,
sensazioni tattili, odori e movimenti di veri oggetti.
[1] Si elencano per gli anni 1988, 1989 e 1990 le principali manifestazioni nel mondo, tratto dalla rubrica "il calendario degli avvenimenti" dalle relative annate di computer grafica & applicazioni poi
computer grafica & desktop publishing
[2] 1 kilobyte è = a 1000 byte
[3] Sia l'Apple Macintosh sia l'Atari ST montavano il 68000, ma non avevano coprocessori.
[4] Il multitasking permette il funzionamento contemporaneo di più programmi.
[5] Agnus per l'animazione, Denise per la visualizzazione, Paula per il suono e per l'input-output.
[6] 1 megabyte è = a 1000 kilobyte
[7] "Il Super Basic del QL" di J.Jones McGraw-Hill book company GmbH, 1985, p.134 (il controllo del video)
[8] "L'Amiga"Immagini Suoni e Animazioni sul Commodore Amiga, di Michael Boom, Gruppo Editoriale IHT, 1988
...
tratto da "un'articolo del periodico d'informazione dell'A.I.D.A.A.Associazione Insegnanti di Discipline per l'Architettura e le Arti Figurative n°1 febbraio 2003 N°1 "Forma"
L'articolo integrale presso il link:
...Quando, cominciai a lavorare intorno al progetto del mio programma automa, che poi decisi di chiamare AUTOMAT 91, anno in cui lo realizzai nella sua prima versione, trovai la cosa molto divertente, certo ogni tanto mi perdevo dietro qualche problema di programmazione, ma poi speso nelle ore mattutine in cui si è più lucidi si evidenziava l'errore o riuscivo a migliorare l'algoritmo, o trovavo parametri più aderenti al risultato che mi ero prefissato.Alla fine il mio automa disegnava sul monitor le mie fantasie, giocate tra il caso delle variabili random e la scelta voluta dei parametri a lungo affinati, osservando per ore il divenire dei segni.
In seguito apportai alcune modifiche che lo resero sostanzialmente diverso, da un lato rendendolo idoneo a configurarsi come installazione, dividendo lo schermo in quadranti , dall'altro a permettere l'interazione con il visitatore, tale versione fu esposta nel 1996, presso la Galleria di Ezio Pagano.
"Programma AUTOMAT 91" realizzato da Carlo Monastra
"…Pagine virtuali sono il risultato esperienziale ed autonomo del programma AUTOMAT 91, pagine realizzate in linguaggio basic compilato, salvate su disco e prodotte da parametri casuali di un algoritmo, voluto dal pittore che scegliendo tra 24 sfondi e 320 pennini diversi, le produce all'infinito.
I pennini aggiscono sulla superficie sovrapponendo punti, rette, schemi colorati secondo illimitate variabili.note prolungate e mutuanti aggiungono suggestioni sonore. …"( Nicolò D'Alessandro)
nota critica "dipingere con la luce colorata" di Nicolò D'Alessandro
...
tratto da "un'articolo del periodico d'informazione dell'A.I.D.A.A.Associazione Insegnanti di Discipline per l'Architettura e le Arti Figurative n°1 febbraio 2003 N°1 "Forma"
L'articolo integrale presso il link:

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